Dino Buzzati, il pittore di sé stesso

 

Nel 2010 cade il 50° anniversario di pubblicazione del romanzo più ingiustamente misconosciuto di Dino Buzzati: Il grande ritratto. A renderlo “negletto” è il fatto che sia stato scritto non per ispirazione spontanea ma per partecipare a un banale concorso; e inoltre – diciamocelo – il fatto che si tratti di una storia di fantascienza, genere letterario che gli intellettuali di casa nostra tendono a snobbare in nome di uno pseudo-umanesimo miope. Insomma, questo libro sarebbe una specie di peccato di mezza età: se infatti è vero che Buzzati ha scritto numerosi racconti di sci-fi, Il grande ritratto è l’unico intero romanzo dedicato al tema.

Lo stesso scrittore si rassegnò a definire “così così” quest’opera. E sbagliava.

Dal punto di vista artistico, sappiamo che Dino Buzzati, oltre che grandissimo giornalista e scrittore, era anche pittore, anzi forse il più intenso esponente del Surrealismo italiano. Spesso illustrava lui stesso le proprie opere, non solo quelle per ragazzi come La famosa invasione degli orsi in Sicilia, ma anche i romanzi, a partire da Bàrnabo delle montagne del 1933 (anche se poi l’editore non pubblicò le immagini accanto al testo). Il suo ultimo capolavoro, poi, il Poema a fumetti del 1969, addirittura invertirà i termini: il testo farà da didascalia alle immagini.

Per tornare a Il grande ritratto del 1960, l’autore realizzò anche delle illustrazioni? Beh, no. O meglio sì, ma “in differita”, nove anni dopo. Nel senso che varie immagini del Poema a fumettisembrano proprio visualizzare le situazioni-chiave del Grande ritratto; ne abbiamo qualche esempio nelle scene qui riportate.

Di primo acchito le due opere sono totalmente diverse. Il grande ritratto racconta la costruzione di un computer in grado di pensare, anzi dotato di una personalità umana, con sentimenti, gusti, simpatie ecc. Poema a fumetti invece è una rielaborazione del mito di Orfeo ed Euridice, ribattezzati Orfi ed Eura.

Eppure, guardando più in profondità, si vedono tornare non soltanto le stesse atmosfere, ma le stesse tematiche. In particolare, l’immagine della grande macchina labirintica in cui l’individuo vaga come sperduto; può trattarsi di un mega-computer, o della “macchina burocratica”, la “macchina militare” (cfr. Il deserto dei tartari), o addirittura l’inferno. A sua volta la macchina può essere donna, ma anche una minaccia contro la donna, un mostro meccanico che la violenta, come accade in numerosi dipinti porno-fantascientifici di Buzzati. Inoltre ancora, la grande casa della memoria, in cui l’uomo cerca disperatamente di recuperare il senso della propria esistenza.

Al fondo di tutto, i Grandi Temi di sempre: l’amore e la morte.