Un inverno in mostra, lungo l’Adriatico

Da Nord a Sud, nelle città che si affacciano sull’Adriatico partono e proseguono numerose mostre che incuriosiscono e creano lo spunto per una gita fuori porta o un week end romantico.

A Trieste, Alinari Image Museum, presso il Castello di San Giusto, dal 4 novembre al 5 febbraio 2017, Orari: 10.00 – 17.00, lunedì chiuso, (Biglietto: intero 6€, ridotto 5€, comprensivo di ingresso al Castello).

Nel suo nuovo museo dell’immagine, Alinari presenta una mostra dal titolo emblematico, “Fermo Immagine”, con 54 fotografie “originali” e una multimediale con 100 immagini, a video o proiettate, esposte seguendo il percorso ideato dai figli di Enzo Sellerio, Olivia e Antonio. Oltre alle immagini, saranno presentati materiali utili a conoscere meglio la figura di Enzo Sellerio, tra cui le riviste più famose dove sono state pubblicate le sue fotografie. Il lavoro fotografico di Enzo Sellerio emerge tra le voci dei fotografi italiani della seconda metà del Novecento che hanno imposto a livello mondiale l’indagine sociale territoriale italiana attraverso il reportage, anche “minimalista” come da Sellerio stesso definito e a cui si è dedicato per tutta la vita.

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A Venezia: Tancredi una retrospettiva, al Peggy Guggenheim collection; con oltre novanta opere, si tratta di un’attesa retrospettiva che sancisce il grande ritorno a Venezia di Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927 – Roma 1964), tra gli interpreti più originali e intensi della scena artistica italiana della seconda metà del Novecento. Tancredi è stato l’unico artista, dopo Jackson Pollock, con il quale Peggy Guggenheim stringe un contratto, promuovendone l’opera, facendola conoscere ai grandi musei e collezionisti d’oltreoceano e organizzando alcune mostre, come quella del 1954 proprio a Palazzo Venier dei Leoni. Dopo oltre sessant’anni, dunque, l’artista ritorna protagonista indiscusso alla Collezione Guggenheim con una straordinaria selezione di lavori, che ricostruiscono in modo intimo e capillare, tra produzione creativa ed emotività prorompente, la parabola breve, ma folgorante, di questo grande interprete dell’arte del secondo dopoguerra.

Partendo da rare prove giovanili di ritratti e autoritratti e dalle prime sperimentazioni su carta del 1950-51, il percorso espositivo documenta, nella sua prima parte, la ricerca prettamente astratta, legata alla frammentazione del segno, svolta dall’artista feltrino nell’arco degli anni ’50, periodo che segna l’incontro cruciale con Peggy, di cui diventa protégé, e che lo porta ad avere un proprio studio a Palazzo Venier dei Leoni. Questo significativo legame è documentato dal consistente numero di lavori in mostra, appartenenti al museo veneziano. L’esposizione rappresenta inoltre il ritorno in Italia di una preziosissima selezione di opere donate dalla mecenate ad alcuni celebri musei americani: per la prima volta, dai tempi di Peggy, sono esposti capolavori come la Primavera, proveniente dal MoMA di New York e Spazio, Acqua, Natura, Spettacolo, oggi al Brooklyn Museum. La grande retrospettiva non manca di documentare la produzione artistica degli anni ’60, momento di crisi e di completa revisione della propria pittura, a cui Tancredi vuole dare un senso esistenziale e politico. Ed è così che la vena della polemica e della tensione di quegli anni di guerra fredda emergono nel titolo della mostra “La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba”, frase con cui Tancredi risponde agli innumerevoli conflitti dell’epoca, dal Vietnam alla guerra in Algeria, alla tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Di questo momento fondamentale nel suo percorso artistico, sono esposti i tre dipinti della serie Hiroshima (1962). La parte conclusiva dell’esposizione è dedicata ai collage-dipinti, eseguiti tra il 1962 e il 1963, i cosiddetti Diari paesani e i Fiori dipinti da me e da altri al 101%, che a ragione possono essere definiti la vera rivelazione di questa retrospettiva e che sono da considerarsi esempi di eccezionale vigore creativo e drammatica euforia. Sono queste opere a chiudere lo straordinario percorso, geniale e sregolato, della pittura di Tancredi dedicata alla natura e all’uomo. Tancredi muore nel 1964 a soli 37 anni, giovanissimo e pronto a entrare, come scrive Dino Buzzati, nel ‘mito di Tancredi’.

A Ravenna una mostra particolare ha inaugurato il 5 novembre e proseguirà fino all’8 gennaio 2017: La casa di Nostra Donna [Dante Alighieri, Paradiso XXI, 12-123] immagini e ricordo di Santa Maria in Porto Fuori.
L’iniziativa ideata e curata da Alessandro Volpe, promossa dal Museo d’Arte della città di Ravenna, in collaborazione con la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, vuole riportare alla memoria il ricordo e le immagini della chiesa dal Settecento ai nostri giorni. Verranno esposte opere che in vario modo hanno rappresentato la basilica e la sua decorazione trecentesca.

La chiesa di Santa Maria in Porto Fuori fu distrutta da un bombardamento alleato il 5 novembre del 1944. Si tratta di una delle più gravi perdite subite dal patrimonio artistico italiano durante un conflitto bellico. Attraverso una ricostruzione virtuale, presentata per la prima volta in questa occasione, sarà possibile visitare nuovamente quello straordinario edificio caratterizzato dai magnifici affreschi di scuola riminese del Trecento. Verranno esposte opere che in vario modo hanno rappresentato la basilica e la sua decorazione trecentesca.

L’immagine virtuale della chiesa è stata realizzata da Simone Zambruno, Antonino Vazzana e Ilaria Valentino presso Fr@me Lab (Laboratorio fotografico e multimediale del Dipartimento di Beni culturali dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, sede di Ravenna). L’intero progetto è stato curato dal prof. Alessandro Volpe, in collaborazione con la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e l’Istituzione Biblioteca Classense.

Vari tipi di postazioni tecnologiche saranno approntate per poter permettere ai visitatori un’articolata esperienza dell’edificio ricostruito che potrà essere visitato virtualmente o contemplato in un filmato autoriale, girato nello “spazio digitale” dal regista e poeta Stefano Massari.

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A Pesaro, Pesaro Musei partecipa al Grand Tour Cultura 2016 dedicato a “I paesaggi culturali fra quotidianità, socialità e calamità. Recuperare la Memoria per ricostruire il futuro” organizzato da Assessorato alla Cultura Regione Marche e MAB Marche, da novembre a gennaio.
In programma letture da volumi della Biblioteca d’Arte, attività didattiche per bambini, visite guidate e proiezioni cinematografiche per riscoprire il museo come “contenitore” di emozioni e stimolare alla riflessione sulla complessità del “paesaggio emotivo” delle nostre sensazioni, non solo visive, ma anche uditive, olfattive e tattili.

Un viaggio tra le emozioni: una serie di cambiamenti dello stato corporeo che corrispondono a uno specifico stato cerebrale attivato da immagini. Emozioni innate ed emozioni sofisticate, mutamenti repentini di pensiero, alterazione delle percezioni all’interno delle opere d’arte e da esse suscitate, passeggiando tra le meraviglie delle collezioni di Palazzo Mosca.
Rabbia, paura, disgusto, sorpresa, felicità e tristezza. Le sei emozioni primarie dell’uomo, corrispondenti ad altrettante espressioni tipiche del viso, verranno riscoperte attraverso un percorso emotivo all’interno del museo, indicato da una brochure realizzata ad hoc, che dalle collezioni permanenti culmina nella sezione temporanea, con delle opere dal patrimonio civico riscoperte per l’occasione e portate alla luce dai depositi.

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Ecce Homo, alla Mole in Ancona, è una mostra che intende organizzare un itinerario all’interno dell’ampio scenario della scultura italiana, proponendo alcuni dei protagonisti salienti che ne hanno caratterizzato lo sviluppo, con particolare riferimento all’indagine sull’uomo, più che sulla figurazione. Ne risulta un viaggio fra differenti stili, materiali e visioni che chiedono al visitatore di concentrarsi non tanto sul singolo autore o sulla situazione culturale ma di cogliere il senso dell’essere umano nel tempo presente. Che siano le pietre di Fausto Melotti (La disputa dei sette savi di Atene), per la prima volta esposti al di fuori della città di Milano dove sono stati concepiti e collocati, o la classicità di Francesco Messina (Ritratto di Alfonso Gatto, Nudo), fino agli interventi dei più giovani fra cui Velasco Vitali, Paolo Schmidlin, Pietro Ruffo, Donato Piccolo, Fabio Viale e Massimo Pelletti quello che emerge è il senso di una presenza nel mondo, ma persino una sua assenza. Nelle due importanti installazioni di Gino Marotta (Mare Artificiale e Pioggia Artificiale) è infatti il pubblico che diventa protagonista di una esperienza emotiva, che si prolunga nella metamorfosi di Apollo e Dafne di Alik Cavalieri, per la prima volta presentata dopo il restauro.