Sogno o son desta?

Messico, penisola dello Yucatan, mar dei Caraibi… sogno o son desta? Dopo sole 11 ore di volo dalla gelida Europa – normale, visto che siamo in gennaio – mi ritrovo in un’atmosfera calda e umidiccia, leggermente ventosa quel tanto che basta per non avere la sensazione di cuocermi a fuoco lento.

L’aeroporto di Cancun é grande, pieno di negozi di tutti i generi per turisti di tutti i gusti e provenienza: Italia, Belgio, Canada, Russia, Ukraina…; il trasferimento lungo la costa, verso sud, é un viaggio in frigorifero motorizzato, un bus con aria condizionata a 17 gradi contro i 28 esterni: il miglior modo per ammalarsi subito, appena arrivati.

L’arrivo a Tulum, un piccolo villaggio diviso in due da un’autostrada, che mi ricorda i paeselli sulla Strada Nazionale Adriatica tra Ravenna e Rimini, avviene in pieno pomeriggio e il mio cervellino di viaggiatrice fai-da-te si attiva subito per identificare il modo più interessante di effettuare qualche escursione culturale da inframmezzare a dieci giorni di mare, mare, mare e ancora mare.

Chiedo ai locali; chiedo a qualche turista abbronzato, che ha l’aria di essere completamente a proprio agio e di stare svernando al calduccio; chiedo informazioni in una piccola agenzia di viaggi locale che propone di tutto, dalla nuotata con i delfini alla serata in discoteca a Cancun, con tanto di tavolo riservato.

Dopo aver ponderato le varie opportunità offertemi, propendo per la seguente opzione: tre siti archeologici in tre giorni! Tulum, dove mi trovo, é la località ideale per avere a disposizione il mare più bello della penisola dello Yucatan, con la costa meno cementificata dell’area e l’unico sito archeologico della civiltà Maya situato sul mare, insieme ad una posizione equidistante dai siti di Chichen Itzà e Ek Balam, entrambi raggiungibili in due ore di pullman ciascuno.

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Tulum

L’indomani la mia prima tappa sono, ovviamente, le rovine di Tulum (ruinas, in spagnolo), che raggiungo velocemente con un collectivo, uno dei tanti pulmini che fungono da taxi, appunto, collettivi, e che si ferma ad ogni alzata di braccio sulla frequentatissima autostrada che passa attraverso il villaggio.

Sono le 9 del mattino, il sole é alto nel cielo, il flusso di turisti é già copioso (anche “grazie” al fuso orario di 7 ore che, perfino ai pigroni come me, impedisce di svegliarsi più tardi delle 6…) e bisogna pianificare al meglio la visita del sito: non che questo sia enorme, ma vista la temperatura in forte aumento, meglio superare questo gruppo di turisti russi assiepato davanti al passaggio di ingresso consigliato e dirigersi, per prima cosa, verso il mare: ah, che spettacolo ci aspetta non appena saliamo la dolce collinetta coperta di piante ombreggianti!

Un piccolo promontorio ventoso, su cui sorge appunto il Tempio del Vento, mi mostra una baia da sogno con acqua verde chiara e sabbia bianca finissima. Proseguendo all’interno del sito, fra i vari edifici, mi fermo ad ammirare alcune delle purtroppo poche decorazioni ancora visibili e finalmente arrivo a toccare il mare. Nel sito é possibile fare il bagno, se lo si vuole, e vi assicuro che, con 28 gradi e il sole a picco di mezzogiorno, non é un’opzione da lasciarsi scappare! Ah, questi Maya, guerrieri e navigatori, la sapevano lunga!

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Ek Balam

Il secondo sito archeologico da non perdere é quello di Ek Balam: a sole due ore di bus da Tulum, é aperto al pubblico da non più di dieci anni e, nonostante non si trovi sui circuiti turistici più frequentati, inizia ad essere proposto in diversi tours, che spesso comprendono anche una rapida visita alla cittadina coloniale di Valladolid, situata a 17 km. a sud del sito.

A differenza di Tulum, gli edifici del sito di Ek Balam sono pienamente accessibili ai visitatori e molto meglio conservati (e/o restaurati): si può attraversare l’arco di ingresso del complesso, salire i ripidissimi gradini dell’acropoli alta 32 metri e dalla cui sommità si ha una bellissima vista della foresta circostante, ammirare le decorazioni che rappresentano un’enorme bocca aperta di giaguaro ed i cosiddetti “angeli maya”, nonché alcuni uomini barbuti e le loro navi, che, secondo alcuni archeologici, sarebbero vichinghi, arrivati via mare a causa dei venti alisei, che li avrebbero “costretti” a navigare dall’Islanda fino alle coste messicane.

012813_0938_sognoosonde5Il terzo sito, quello di Chichen Itzá, non ha bisogno di lunghe presentazioni: dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1988, dal 2007 é stato incluso fra le 7 meraviglie del mondo moderno ed é conosciuto principalmente per la sua piramide a gradoni orientata in modo da mostrare uno spettacolo sorprendente nei giorni degli equinozi di primavera e d’autunno. In questi due periodi dell’anno una grande folla si riunisce ancora oggi, come sicuramente lo faceva nel XII secolo, per ammirare il prodigio: all’alba e al tramonto, gli angoli della piramide proiettano un’ombra lungo la scalinata nord, a forma di serpente piumato, chiamato Kukulkan.

012813_0938_sognoosonde4Come in tutti i siti maya, il complesso é composto da diversi edifici con varie decorazioni simboliche ed usi diversi, principalmente cerimoniali. Anche in questo sito, come in tutti gli altri che ho visitato, non manca il cenote, uno dei più di 2000 pozzi naturali presenti nella regione dello Yucatan, vicino ai quali si insediavano le popolazioni e vennero costruiti i centri cerimoniali e commerciali di cui ci restano preziose testimonianze.