Bruegel & Company, soprattutto la Company

Appena dietro piazza Navona, a meno che non ci si smarrisca per i suggestivi vicoletti, come è successo a… beh non facciamo nomi… al Chiostro del Bramante, resterà aperta ancora fino al 6 giugno la mostra “Brueghel. Meraviglie dell’arte fiamminga”. La dinastia pittorica dei Bruegel (la grafia con la H serve forse a evitare che i visitatori facciano delle grezze) è rappresentata proprio al completo, da Pieter il Vecchio, ossia quel Bruegel, a Pieter il Giovane, Jan il Vecchio, Jan il Giovane, fino all’ultimo rampollo che si chiamava nientemeno che Abraham ed era napoletano. Ciliegina sulla torta, pure un paio di Bosch.

E però. Uno dei due Bosch è una copia, anche abbastanza malfatta, e l’altro è un quadretto forse autentico ma pescato chissà dove. E spiace soprattutto che Brugel (Pieter il Vecchio) sia quasi assente, sostituito da una fitta schiera di imitatori più o meno dotati di talento. Per un biglietto d’ingresso da 12 cucuzze si poteva sperare meglio.

Il bello della mostra sta tuttavia nella sua capacità di “fotografare” un momento epocale nella storia dell’arte occidentale. In breve, la transizione dall’arte sacra all’arte profana, in concomitanza con il cambio della committenza dalla Chiesa alla borghesia. Non a caso, questo avvenne in un Paese di ricchi mercanti come l’Olanda. Si passa così da temi sacri (soprattutto l’Adorazione dei Magi) a soggetti naturalistici mascherati da soggetti religiosi (piccoli santi in immensi paesaggi) fino all’arte decorativa allo stato puro (scene di vita o “di genere”, fiori e oggetti iperrealistici, nonché pappagalli appena scoperti nel Nuovo Mondo). Sul piano tecnico la cosa fu ulteriormente facilitata dall’introduzione della pittura a olio, molto più adatta a rendere la brillantezza dei colori e gli effetti di luce, rispetto alle tecniche precedenti come la tempera all’uovo.

Poi la mostra continua… in piazza Navona, dove, mezzo millennio dopo, gli artisti ambulanti continuano a proporre ritratti, paesaggi, fiori, immagini raffinate e disimpegnate per decorare i salotti borghesi. La rivoluzione portata avanti dai Bruegel è ancora ben visibile. È il punto più alto dell’arte (Schopenhauer) o la sua morte (Hegel)? Ai poster l’ardua sentenza.