Monument Valley

Ci sono momenti nella vita di un uomo in cui non si può sfuggire

John Wayne nel film Ombre Rosse

Quando ti trovi da solo, nel silenzio del deserto, con le altissime rosse torri, che fanno da sfondo alla sterminata grandezza degli spazi aperti, ti senti a casa. Troppe volte hai visto questi luoghi al cinema o alla televisione. Hai solo un senso d’inquietudine che ti pervade: arriveranno prima gli indiani o le “giacche blu” e che cosa ne sarà di te? Tutte fantasie portate dal vento, certo, ma il vento rende reali, a tratti, le grida degli guerrieri Navajo e la tromba del 7° cavalleria che suona la carica. Allora tendi l’orecchio, t’irrigidisci quasi aspettando il sibilo di una freccia o il crepitio del Winchester ’75. Poi il vento cessa e tutto torna silenzioso. Senti intorno a te gli spiriti degli indiani e dei bianchi, che combatterono per finta o nella realtà in questa valle immensa. Ti ricordano forse d’osservare la stupefacente bellezza della Monument Valley, ancora intatta dopo milioni di anni? Un’ultima brezza gioca con le rocce, alza un mulinello di polvere rossa e ti sussurra all’orecchio: “noi siamo coloro che amarono questa Valle,  siamo in pace adesso, rimani con noi e che Dio ti benedica”.

Il «Far West» che tutti si aspettano, quello dei film, si trova alla frontiera fra Arizona e Utah. E’ uno dei luoghi più suggestivi e “magici” al mondo. Harry e Mike Goulding, considerate persone oneste, con il genuino intento di vivere in mezzo agli indiani, nel 1923 vennero da queste parti e vi si stabilirono per il resto della loro vita gestendo un «traiding post», il negozio utilizzato ancor oggi dagli Indiani per vendere i loro prodotti artigianali. Nel 1936 Joseph Muech scattò le prime fotografie della Monument VaIley: nei due anni seguenti tornò numerose altre volte e compose un album di foto in bianco e nero da mostrare a Hollywood per convincere il mondo del cinema che queste erano zone ideali per le riprese di film western. John Ford raccolse l’invito per il famoso “Ombre rosse”, cui seguirono “BilIy the Kid”, “Sfida infernale”, “Sentieri selvaggi”, “Fort Apache”, “My Darling Clementine” e molti altri. Tra i più recenti troviamo “Ritorno al futuro III” e “Thelma e Louise”. Il primo film mai girato è stato, comunque, “La Diligenza” nel 1938. Anche Walt Disney utilizzò questo ambiente per girare uno dei suoi documentari più affascinanti: “Il deserto che vive”.

All’entrata della Monument Valley (Tsé Bii’ Ndzisgaii – Valle delle rocce – in lingua Navajo) troviamo un “visitor center” (sempre gestito dagli Indiani) e un campeggio. Tra maggio e ottobre i turisti possono alloggiare anche al “Goulding’s Hotel” e al nuovo “View Hotel” che è l’unico a trovarsi dopo l’ingresso del Parco, accanto al “visitor center”. L’ingresso al Parco è gestito esclusivamente dagli Indiani Navajo ed è a pagamento (5$ a persona nel 2008). All’interno del “visitor center” si trova un fornitissimo negozio di souvenir (da impazzire le “mug” con il volto di John Wayne), ma che offre anche preziosi oggetti artigianali d’argento e stuoie tessute a mano.  Dal “visitor center”, una strada sterrata circolare di 25 chilometri fa il giro della valle, ma in molti punti la strada diventa un sentiero quasi impraticabile perciò, se si vuoi vedere tutto e tranquillamente, è meglio affidarsi agli Indiani che organizzano escursioni con fuori strada sia dal “visitor center”, dai vari hotel e da Kayenta. E’ possibile visitare autonomamente la valle con un mezzo proprio (indispensabile il fuoristrada), ma alcune aree molto belle e interessanti sono visitabili solo con una guida indiana. La Monument Valley è una località veramente eccezionale: nella vasta depressione steppica e desertica, a 1700 metri di altitudine, si innalzano monoliti dalle forme più strane che possono raggiungere i 600 metri di altezza. Le rocce hanno una gamma di colori vivissimi che vanno dal rosa al viola, e che si esaltano alla luce del tramonto. A ogni monolite è stato attribuito un nome convenzionale, spesso banale, che serve solo come punto di riferimento. I luoghi famosi sono “Ford Point”, davanti alle guglie delle “Three Sisters” (le “Tre Sorelle”), “Totem Pole”, la Finestra del Nord e la Collina dell’Elefante. Quando le condizioni del sentiero lo permettono, vale la pena di vedere “Sun’s Eye” (l”Occhio del Sole”) e altre rocce con geroglifici e archi suggestivi fra le dune di sabbia. Interessante può essere anche un volo sopra la Monument Valley: a Page, a Moab e dal Grand Canyon le compagnie aeree locali organizzano escursioni con piccoli aerei da turismo che sorvolano la Monument Valley. E’ possibile, in estate, visitare la valle in aerostato. Una esperienza veramente unica, ma con “duri” atterraggi.

I primi abitanti noti della Monument Valley sono stati gli Indiani Anasazi conosciuti come  “Gli Antichi”, che costruirono le prime abitazioni rupestri più di 1500 anni orsono per poi scomparire, misteriosamente, dalla regione verso il XIII secolo (una sorta dei nostri Etruschi). Migliaia di questi antichi pueblo, piccoli e grandi, sono sparsi negli Stati Uniti sudoccidentali, e i Navajo affermano che vi sono rovine di Anasazi nella Monument Valley che nessun uomo bianco ha mai visto! Molte famiglie vivono, secondo le vecchie tradizioni, in “hogan”, capanne di legno ricoperte da rami e fango, pascolando greggi di pecore e si dedicano a lavori artigianali (gioielli e tessuti) e naturalmente offrono i loro impareggiabili servigi come guide indiane ai turisti! Le culture native americane hanno sempre legato un significato religioso alle loro abitazioni. Anche se il Navajo e la loro tradizionale abitazione fornita di cupola esagonale, non sia correlato alla cultura Anasazi, gli “hogan” sono comunque considerati un santuario per la famiglia. Fra le tradizioni ancora osservate dalle famiglie Navajo è da sottolineare il “Blessing way rite”. Una sorta di benedizione con canti, balli e preghiere rituali Navajo, che si svolgono durante la costruzione e quando la famiglia decide si consacrarlo a sua residenza permanente. L’abitazione è sempre costruita con materiali locali e l’ingresso di un “hogan” si apre sempre a est, verso il sole nascente. Approssimativamente 300 Navajo vivono tutto l’anno nella Monument Valley. Ancora oggi, per scelta, molti Navajo preferiscono lo stile di vita tradizionale e non utilizzano l’acqua corrente e l’elettricità. Le donne filano ancora la lana con gli arcolai e la tessono con i vecchi telai di legno, usando tinte naturali per colorare le stoffe, che rivendono (giustamente a caro prezzo) ai turisti. I tappeti Navajo sono, anche, molto richiesti negli USA e all’estero, specialmente dai collezionisti. I Navajo usano ancora le piante locali per molte cose comprese le medicine. Per esempio la sola pianta della “Yucca” offre la base per scarpe, cesti, abbigliamento e sapone. C’è una grandissima varietà di vegetazione nella valle che colpisce e soddisfa l’occhio del visitatore. A primavera le piante locali producano un’esplosione di fiori colorati di ogni tipo.

Il clima della Monument Valley è quello tipico del deserto, ma, data l’altitudine, in inverno nevica e molte strutture restano chiuse. La valle si è andata formando 70 milioni di anni fa quando il golfo del Messico arrivava a coprire queste zone. In seguito all’innalzarsi delle terre, l’acqua si ritirò e lasciò una vasta prateria in cui spaccature e crepacci si offrirono all’opera modellatrice dell’erosione del vento, dell’acqua e del gelo. La Monument Valley ha una superficie di 120 chilometri quadrati e si raggiunge da Moab (240 chilometri a nord) e da Flagstaff (272 chilometri a sud-ovest) con la US 163, chiamata anche Navajo Route 18. E’ zona protetta dal 1958 e appartiene alla riserva Navajo.

 

Per maggiori informazioni:

“Visitor Center”, Box 93 Monument Valley Tribal Park, Utah 84536, Tel. (001) 801 7273827 oppure www.utah.com