Una volta era l’industria, ora è turismo: Vallonia, percorsi turistico-architettonici in una regione che parla Italiano

Nella verde regione delle Ardenne, conosciuta per le battaglie della prima e della seconda guerra mondiale, punto strategico della rivoluzione industriale per la presenza di carbone fossile e di acqua in abbondanza, architetti e ingegneri stanno riprogettando il passato.

La regione industriale di Vallonia ha visto il suo periodo d’oro tra il 1835 e il 1950, ed è composta da 4 province: l’Hainaut, la Vallonia Brabant, il Namur, e quella di Liegi.

Queste sono accomunate dalla presenza di numerose miniere di carbone; qui venivano da varie parti d’Europa a lavorare nel primo dopoguerra, dall’Italia in particolare partirono numerosi migranti, grazie anche al protocollo d’intesa italo-belga del 1946, dove il governo italiano si impegnava a reclutare 50.000 lavoratori da mandare in Belgio, in cambio di una fornitura annuale del prezioso minerale a prezzo vantaggioso. La mancanza di lavoro nel nostro paese spinse così tantissimi connazionali a varcare i confini, proprio per questo motivo quando ci si reca in Vallonia si ha una sensazione quasi familiare, infatti quasi la metà degli Italiani del Belgio di oggi vive nella zona di Charleroi. Non erano i primi “concittadini” ad essere arrivati fin qua: già venti secoli fa i romani erano giunti in questa area; in un passato molto più recente, però, questa regione vide arrivare un forte immigrazione dall’Italia, destinata quasi totalmente a lavorare nelle miniere, in condizioni di sicurezza precarie.

Questa regione ha anche un’altra caratteristica: è in corso un grande rinnovamento. Dopo la crisi dell’industria siderurgica e la chiusura delle miniere di carbone, si rendeva necessaria una riconversione per creare nuove opportunità di lavoro e per non perdere un’importante testimonianza del passato. Ecco così che negli ultimi dieci anni numerosi progetti hanno animato le province vallone, dando la spinta ad iniziative culturali, mostre e percorsi.

Le miniere di carbone e l’industria siderurgica proseguirono la loro attività fino al declino degli anni ’70, ma dopo un lungo periodo di crisi da una decina d’anni l’intera Vallonia è interessata da una riconversione turistica: ecco nascere percorsi a tema, si riscoprono le vecchie miniere per crearne luoghi di cultura e luoghi della memoria di un passato lontano, ma ancora molto vicino.

Le novità della Vallonia 2010 coinvolgono varie province. Dall’Hainaut, a Tournai, ecco un’idea quasi rivoluzionaria: il cantiere vivente.

La magnifica Cattedrale di Notre Dame, coronata di cinque campanili che la rendono superba e imponente allo stesso tempo, è sottoposta ad un accurato restauro e consolidamento. I lavori, che proseguiranno fino al 2015, avrebbero impedito ai visitatori di poterla ammirare nella sua interezza; di qui l’innovazione proposta dagli amministratori e supportata fortemente da finanziamenti europei e regionali: creare un percorso guidato all’interno del cantiere. Il progetto è già attivo e i visitatori possono scoprire, oltre alle tecniche di restauro utilizzate, anche parti della stessa cattedrale non visibili in condizioni normali, come il salire fino a 40 mt di altezza, grazie alle impalcature del cantiere. (www.cathedraledetournai.be,  www.tournaicoeurcathedral.eu , Prenotazione obbligatoria all’Ufficio del Turismo Tel:+32(0)6922.20.45 Prezzo: 8 €, o 5,50 € escludendo l’accesso ai tetti.)

L’intera città di Tournai, che è anche una tappa del cammino di Santiago, è in fase di restauro, una parte dei lavori sono già conclusi e si può ammirare la nuova passeggiata pedonale lungo la Schelda, dove si susseguono locali, bar e caffetterie, è il punto di ritrovo dei giovani e della vivace vita notturna. In questa città possiamo anche assaggiare piatti particolari, dove i sapori francesi si fondono con quelli della regione piccarda; tra le specialità ricordiamo il superlativo coniglio “à la tournaisienne”, cucinato in pentola assieme alle prugne e all’uvetta e accompagnato da una ricca insalata. Da tradizione si mangia il “lunedì spergiuro”, che si celebra il lunedì successivo all’Epifania, una festa la cui tradizione si perde in un lontano passato. Molto gustosa anche la Fondue au Vin, deliziosa fonduta di carne, simile alla bourgougnonne, ma anziché friggere nell’olio i bocconcini di carne, nella versione au Vin, si cuoce dolcemente nel vino rosso, aromatizzato con varie spezie, ne potete gustare una ottima al Vin para ci, rue des Soeurs de la Charité 4c, www.vinsparci.be ,  il bar ristorante è realizzato in un’antica filanda, si possono ancora vedere i pavimenti di pietra originali, riconoscibili per il particolare colore blu caratteristico.

Fondue au Vin

Ingredienti:

  • 350 g filetto (o sottofiletto) di manzo
  • 350 g filetto di pollo
  • 1lt vino rosso francese, vallone, anche un po’ di brodo di carne
  • 4 scalogni
  • 1 mazzetto di erbe provenzali
  • 2 spicchi d’aglio
  • Sale e pepe q.b.

Da avere per la preparazione:

  • 1 tagliere
  • 1 coltello affilato per carni
  • 1 piatto di portata
  • 1 pentolino da fonduta
  • e apposito fornello
  • 4 spiedini

Procedimento:

Tagliare le carni a cubetti e disporle in un piatto da portata. Mettere il vino nel pentolino da fonduta, aggiungere tutte le spezie e il brodo e scaldare a fuoco bassissimo per una ventina di minuti. Trasferire il pentolino sul fornello al centro della tavola. I commensali potranno infilare le fettine di carne nei loro spiedini e cuocerli nel vino caldo. Servire a parte sale, pepe e, a piacere, mostarda di frutta e salsa piccarda.

IL CONSIGLIO IN PIÙ Per aumentare la varietà di sapori di questa gustosa fonduta, utilizzare anche bocconcini di salsiccia, lonza di maiale o filetto di struzzo.

 

Da Tornai, percorrendo la A12 verso Mons, si incontra l’ex paese minerario di Hornu, costruito nel 1824 attorno alla miniera di Grand Hornu, il complesso contava 450 abitazioni e ospitava all’epoca circa 2500 persone, che lavoravano nella miniera. Meraviglioso esempio di archeologia industriale, è stato salvato dall’abbandono e recuperato con un attento progetto di restauro, partito con l’acquisizione del sito nel 1989 dalla provincia dell’Hainaut. I lavori proseguirono per anni e nel 2002 fu inaugurato il MAC, museo di arte contemporanea, www.grand-hornu.be.

A soli 10 km da qui, si trova Mons, candidata come capitale della cultura europea nel 2015, piccola e raccolta su una collina, tutto attorno il paesaggio minerario del Borinage, dove le colline si confondono coi terragli, collinette artificiali create col materiale di scarto delle miniere (si riconoscono soprattutto le più recenti, perché la vegetazione non è ancora cresciuta). Per una breve visita di Mons si può partire dalla Collegiata, che svetta enorme nel punto più alto della città, costruita in stile gotico brabantino, all’interno conserva il Car d’Or (1718), una carrozza di legno con decorazioni barocche bianche e oro, che serve per la famosa processione della Santissima Trinità: viene trasportata a spalla lungo le salite del centro storico, assieme alla rappresentazione del combattimento tra San Giorgio e il drago, molto suggestivo.

Poco distante la Gran Place, raccolta e caratteristica belga, con alcune case che ricordano lo stile delle fiandre, bella d’estate con i tavolini dei caffè che si stendono attorno alla fontana, da un lato l’immancabile chioschetto dei frittes, dall’altro il comune, proprio di fianco all’ingresso si trova la Singe du Gran Garde, una scimmietta in ferro battuto del XV secolo, che secondo la tradizione locale porta fortuna a chi le accarezza la testa con la mano sinistra.

Il museo delle Belle Arti, il BAM, si trova a poche centinaia di metri da qui,  nasce dal progetto di recupero di un palazzo vicino al municipio, su una via laterale. Il museo è stato inaugurato nel marzo 2007, il design ultramoderno contrasta con le facciate a mattoncini d’epoca, ma all’interno le opere sono di rilievo e spesso ospita mostre di autori contemporanei, da poco si è conclusa quella su Keith Haring. Un altro importante simbolo di Mons è il campanile: la torre è alta 87 metri e fu costruita nel 1673, appartiene al patrimonio mondiale dell’Unesco, suona le ore con le 49 campane del carillon.

Lasciando Mons e percorrendo la strada provinciale N538 verso le campagne di Havré, in direzione Thieu, si arriva ai famosi ascensori idraulici di Stréphy-Thieu, (Rue Cordier 50, 7070 THIEU (LE ROEULX) Tel:+32 (0) 64 67 12 00).

La costruzione è imponente: un enorme ascensore per imbarcazioni, che permette di superare un dislivello di 73 metri di altezza. L’ascensore idraulico è forse uno dei più grandi esistenti al mondo, accoglie chiatte di 1350 tonnellate, permettendo il superamento del dislivello fra i due canali, in questo modo è possibile navigare direttamente da Amsterdam e Parigi; all’interno è stato organizzato un centro visite dove si spiega la funzione dell’ascensore e si può fare anche un’esperienza di navigazione. (http://voiesdeau.hainaut.be)

Da qui in dieci minuti si può raggiungere la località di Le Roeulx, per gustare un’ottima birra ambrata belga e, perché no, scoprire anche come la si produce. Nella birreria St.Feuillien (www.st-feuillien.com) in 40 minuti potete visitare la brasserie artigianale e al termine degustare una fantastica St-Feuillin tripla, imbottigliata nei bottiglioni da champagne dalla famiglia di birrai Friart. Nel cortile della birreria, restaurata in modo eccellente, si possono ammirare ancora le pertiche da luppolo. Le visite sono ammesse solo in gruppo, conviene sempre contattare per poter organizzare la visita.

A 35 km da qui, in direzione Charleroi, si trova un altro esempio di recupero di archeologia industriale: nella località di Bois du Cazier sorge la ex miniera tristemente nota per la strage di Marcinelle, che l’8 agosto 1956 vide la morte di 262 minatori, di questi 136 erano italiani. Nel sito che ha visto tanti sacrifici e tanta sofferenza, dopo anni di lavori, ora sorge un museo della memoria dove si spiega alle giovani generazioni la durezza del lavoro dei loro antenati e anche come avvenne la catastrofe. Nel cortile della ex miniera svetta ancora l’ascensore da cui allora scesero nelle viscere della terra i minatori, e una lapide di marmo bianchissima ricorda i nomi di tutti (www.leboisducazier.be).

Lasciando la provincia di Charleroi, percorrendo la A15, in un’ora circa si raggiunge Liegi, capoluogo dell’omonima provincia, al confine con la Germania, qui si parla ancora il tedesco, terza lingua ufficiale in Belgio.

Liegi è detta la città dei Principi Vescovi, sorge sulle rive della Mosa, il centro storico, sulla riva sinistra, è la parte più antica della città, che conta quasi 200.000 abitanti, anche qui si sta portando avanti un ambizioso progetto di recupero e riconversione industriale. A cominciare dalla ristrutturazione quasi completa della piazza St. Lambert: da una lato sorge l’antico palazzo gotico, ora sede del tribunale, di fronte si sviluppa l’ampia piazza dove alcune colonne stilizzate sono posizionate ove sorgeva l’antica cattedrale, completamente distrutta; sul lato sud si ergono nuovi e ordinati palazzi, realizzati assieme al sottopasso stradale che ha permesso di alleggerire il traffico.

Le novità più importanti di Liegi sono sicuramente l’apertura della modernissima stazione ferroviaria di Gare de Guillelmins, ideata e realizzata dal famoso architetto Santiago Calatrava, nella parte sud della città e il recupero dell’ex quartiere industriale del Longdoz. Il progetto più ampio, che richiederà ancora qualche tempo per la completa realizzazione, collegherà la stazione, attraverso un giardino, alla Mediacitè, un parco commerciale realizzato da un altro architetto contemporaneo, Ron Arad, e inaugurato il 21 ottobre 2009.

Secondo il progetto dell’architetto, la stazione, per la quale sono stati utilizzati materiali ecologici come l’acciaio, i mattoni in vetro cemento e la pietra blu tipica della regione, è diventata anche una sorta di punto d’unione tra due quartieri della città, fino ad allora separati dai binari, unendo la zona urbana a nord con quella a sud situata lungo la Collina di Cointe, un’area residenziale meno densa di popolazione, ma molto verde; anche la stazione è stata inaugurata nel 2009, il 18 settembre.

Anche il Grand Curtius ha riaperto i battenti da poco, dopo un accurato restauro e ampliamento. Il museo raccoglie varie arti, una sezione Archeologica che racconta dalla preistoria all’epoca Carolingia; una sezione di Arte religiosa e Mosana, il museo delle Armi, che ora col suo palazzo è parte integrante del Grand Curtius, la collezione è tra le più importanti al mondo con la sua specializzazione nelle armi bianche, in quelle difensive, nelle munizioni, medaglie e decorazioni, volute dal fondatore Pierre-Joseph Lemille, un ricco fabbricante d’armi e benefattore della città (Liegi 1811-1882). Inoltre sempre all’interno del museo c’è una sezione arti decorative e del vetro: grazie al contributo delle Cristallerie Val Saint-Lambert, il museo ha riunito un numero di oggetti tale da tracciare tutta la storia della più grande manifattura del vetro in Belgio.

Proprio le Cristallerie Val Saint Lambert sono l’ultima tappa del percorso, anche qui si è voluto recuperare un antico mestiere e un’antica sede. Infatti l’antica abbazia del X secolo fu acquistata nel 1826 e divenne una famosa cristalleria, poi in seguito alla grande depressione del ’29 ci fu la chiusura. Nel 1987 quello che restava della fabbrica e dell’abbazia fu acquistato da un imprenditore belga, che creò al suo interno il Cristal Park, parco didattico, dove si può scoprire come si crea il cristallo, visitando al tempo stesso il castello e l’abbazia restaurata.

Per concludere la visita a Liegi non si possono perdere due specialità di questa città: la Gaufre a la cannelle, detta de Liège, cotta in maniera classica, ma aromatizzata con la polvere di cannella. La seconda è una bevanda: il Peket, che si prepara durante la festa del 15 d’agosto, la più grande manifestazione folkloristica di Liegi. La tradizione vuole che i cittadini più disponibili e ospitali aprano le porte ai partecipanti alla festa e offrano loro il “peket”, il tipico liquore del luogo, un’acquavite prodotta da una miscela di distillati di segale, orzo e frumento, con l’aggiunta di aromi di frutta e bacche di ginepro. Ne esistono una varietà innumerevole, se ne possono gustare diversi tipi a La maison du Peket, in Rue de l’épée 4, un locale ricavato dall’unione di antiche abitazioni private: si può pranzare nella sala ricavata nel vicolo che divideva due di queste abitazioni, iniziare o concludere il pasto con il peket (foto) sarà molto divertente.

www.maisondupeket.be

www.belgioturismo.it