I colori di Zanzibar

L’arcipelago di Zanzibar, situato a circa 45 km dalla costa orientale della Repubblica Unita della Tanzania, di cui fa parte, è composto da due isole principali, Unguja e Pemba, e da una quindicina di isolotti minori. Durante il nostro viaggio di 10 giorni abbiamo visitato Unguja, pernottando in tre diverse località che abbiamo usato come base per diverse escursioni.

Arrivando sull’isola con un volo da Dar es Salaam, ci siamo trasferiti direttamente a sud-est nel villaggio di Jambiani, dove siamo rimasti tre giorni e abbiamo pernottato in un simpatico alberghetto sulla spiaggia.
La zona di Jambiani è nota per la coltivazione di alghe: vengono raccolte ed essiccate dalle donne del villaggio, per essere poi vendute all’ingrosso, ed esportate in estremo oriente dove vengono utilizzate come base per prodotti cosmetici.

Jambiani è una comodissima base per almeno un paio di escursioni imperdibili.

La prima, di mezza giornata, si è svolta nel parco naturale della foresta di Jozani, dove abbiamo potuto vedere diversi esemplari del raro “colobo rosso di Zanzibar”, una scimmia dal pelo fulvo, endemica dell’isola di Unguja.

La seconda escursione, con partenza all’alba da Jambiani  alla volta di Kizimkazi, ci ha permesso di immergerci in mare in compagnia di diversi gruppi di delfini che, ogni mattina, transitano a poche centinaia di metri dalla costa meridionale dell’isola.

Il quarto giorno di viaggio ci siamo trasferiti a Kiwengwa, una località situata a nord-est dell’isola che abbiamo usato come base per visitare il nord. Anche qui, come a Jambiani, la marea è molto importante, a causa dell’esposizione della costa sull’Oceano Indiano, ma nelle ore di bassa si può facilmente arrivare alla barriera corallina su di una tipica imbarcazione a vela (il dhow o sambuco) e vedere una moltitudini di piccoli abitanti del fondale, dalle stelle marine ai ricci di mare.

Da Kiwengwa si può facilmente raggiungere in auto Nungwi, una delle spiagge più frequentate del nord-ovest dell’isola: la sua posizione permette di fare il bagno a qualsiasi ora, non essendo la spiaggia soggetta a forti maree, e di vedere il tramonto sul mare.

Sulle spiagge di Kiwengwa e Nungwi, tanti ragazzi di origine Masai, provenienti dalla terraferma, si fanno concorrenza nella vendita di souvenir durante la lunga stagione turistica. Il denaro guadagnato verrà speso, al loro ritorno al villaggio durante la stagione delle piogge, per acquistare bestiame (mucche e capre in particolare) per il sostentamento della famiglia e da cedere in “dote” per il matrimonio delle sorelle.

Gli ultimi tre giorni del nostro viaggio li abbiamo trascorsi a Zanzibar Town, la capitale dell’isola, in cui abbiamo pernottato nel quartiere di Stone Town, la parte vecchia della cittadina. Appena arrivati, in un paio d’ore abbiamo effettuato una prima “perlustrazione”, visitando Stone Town con una guida locale: la cittadina è ricca di testimonianze architettoniche e storiche della cultura swahili ed è stata un punto centrale del commercio degli schiavi, perpetrato illegalmente fino a metà ‘800. Di fianco alla cattedrale anglicana, costruita sul sito del vecchio mercato degli schiavi, si trova ora un monumento per commemorare le sofferenze di questi uomini, donne e bambini.

Il giorno seguente abbiamo visitato l’isolotto di Changuu (o Prison Island) a 40 minuti circa di barca a motore dalla città, che fungeva da zona di “quarantena” per gli schiavi in arrivo dalla terraferma e che ospita una colonia di tartarughe di terra giganti, importate dalle isole Seychelles agli inizi del ‘900. Questa escursione si è conclusa con un bel bagno rinfrescante in un mare di un colore incredibile, seguito da un simpatico pranzo a base di frutta e pesce alla griglia che ci è stato servito dagli organizzatori su di un banco di sabbia accessibile solo fino alle quattro di pomeriggio, grazie alla bassa marea.

L’ultimo giorno di viaggio lo abbiamo dedicato alla visita di una piantagione di spezie, il cui commercio costituisce una parte significativa dell’economia dell’arcipelago, durante la quale ci sono state mostrate diversi tipi di piante utilizzate per la loro produzione e che si è conclusa con un pranzo tipico, a base di riso e verdure insaporiti da profumatissime spezie.

Foto di Cinzia Missiroli