Lo yin e lo yang delle mostre romagnole

Mai come in questo momento l’offerta di grandi mostre in Romagna può dirsi tanto diversificata, visti gli argomenti presi in esame. Basterà soffermarsi sulle due maggiori, Borderline presso il MAR di Ravenna (per ogni informazione http://www.museocitta.ra.it/news/pagina263.html) e Novecento presso Musei San Domenico di Forlì (http://www.mostranovecento.it/informazioni.html) per avere un’idea di come si possano affrontare temi culturali lontanissimi in modo ugualmente eccellente ed interessante.

051313_0737_loyineloyan1In effetti una, quella di Forlì, ci parla del forte pensiero ordinato e classico che accompagna le espressioni artistiche italiane a cavallo tra le due guerre mondiali, mentre l’altra indaga il rapporto tormentato tra arte e follia nelle sue varie declinazioni, in Italia e all’estero.

Tanto una insegue il bisogno di ordine e razionalità in ogni espressione artistica, quanto l’altra si addentra nei tortuosi ed oscuri sentieri del disagio psichico. L’arte pubblica del periodo fascista era concepita per rappresentare il regime e le sue conquiste sociali e politiche come un potente megafono propagandistico; la pittura e la scultura all’interno dei manicomi, invece, talvolta erano l’unica forma di espressione verso il mondo di molti pazienti, spesso rinchiusi sin dalla più tenera età.

051313_0737_loyineloyan2Traendo ispirazione dall’arte del Quattrocento, l’arte del Novecento vuole superare il concettualismo delle Avanguardie artistiche come il Cubismo e il Futurismo e tornare alle atmosfere realistiche e prospettiche di Piero della Francesca, Giotto e Mantegna; attraverso la cosiddetta Art Brut, o “arte dei folli”, si vuole invece superare la concezione positivistica dell’artista che dipinge, o scolpisce, infischiandosene del linguaggio formale e/o della corrente artistica.

Insomma, divise da pochi chilometri di distanza ed accomunate dalla data di chiusura, il 16 giugno, le due mostre si propongono, paradossalmente, come le due facce di una stessa medaglia; averle visitate a breve distanza di tempo l’una dall’altra mi ha permesso infatti di unirle idealmente in un unico pensiero ponte: l’arte come messaggio al mondo, in un caso di propaganda e di pubblicità, nell’altro quasi un disperato SOS con l’unico mezzo di comunicazione rimasto.

Soltanto i nomi degli artisti più famosi presenti nelle due mostre valgono da soli il prezzo di una gita culturale in Romagna: De Chirico, Carrà, Sironi, Casorati, Guttuso, Balla e Manzù a Forlì; Dalì, Ligabue, Bosch, Goya, Bruegel, Basquiat, Gericault e Klee a Ravenna. Ma tanti sono i minori e gli sconosciuti che sorprendono e colpiscono per la loro produzione artistica, appartengano essi allo Yang neoclassico e lineare dei Musei del San Domenico di Forlì o allo Yin oscuro e disagiato in mostra al Museo d’Arte di Ravenna.

Da non perdere entrambe!